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“Una vita disegnata con passione”

Franco Ferrero "Questa nostra terra"

Da ragazzi ci si incontrava nelle sale del caffè Vittoria di Porto Maurizio per giocare a scacchi. Fine anni 50’ inizio ’60, a Imperia prende avvio il Festival Internazionale di Scacchi; partecipano Maestri che arrivano da ogni parte del mondo: Paoli, Porreca, Baretic, Todorcevic, il grande Forintos. In città la "scacchi mania" si diffonde rapidamente tra giovani e anziani; il Circolo locale è ancora piuttosto ruspante, la sede è improvvisata nei locali del caffè Vittoria.

Noi ragazzi del liceo scientifico ci si dava appuntamento alla sera per una partita, in tacito accordo; spesso nel nostro gruppo si affacciava anche Franco Ferrero.

Franco era un po’ più grande di qualche anno, era un giocatore attento e scrupoloso, e per noi era motivo d’orgoglio poterlo sfidare sulla scacchiera. Ci avevo provato anch’io senza particolare successo; dopo le canoniche mosse d’apertura, tastavo la differenza; Franco progettava aritmetiche e percorsi, io mi difendevo come potevo, già nel mezzo della partita scontavo l’esito, alambiccavo senza soluzioni sulle vie di fuga.
Poi, quando mi trasferii a Milano per gli studi universitari, i nostri incontri si diradarono e per lo più ci si rivedeva d’estate alla Spiaggia d’Oro o sulla gettata del Molo lungo. Sotto l’ombrellone riprendemmo anche qualche partita a scacchi; intanto mi aggiornava circa le sue attività.

Franco era un poliedrico progettatore di vita: giornalista, scrittore, approfondito storico del Ponente, organizzatore e costruttore di eventi. In comune avevamo l’amore per Cervo Ligure; io vi avevo vissuto gli anni della mia infanzia, il ciclo delle elementari con la maestra Filippona e il maestro Ansaldo; Franco ne era diventato il Direttore dell’Azienda di Soggiorno e Turismo. Commentavamo insieme la trasformazione del Borgo, le aggressioni di moli e moletti che, anno dopo anno, sconvolgevano lo splendido scenario naturale del paesaggio marino: il Porteghetto, la Marina del Re…

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Andagna - La torre antisaracena (foto Ferrero)

 

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Franco Ferrero: "Cervo"

Ma soprattutto mi piace ricordare l’entusiasmo con cui s’impegnava nei grandi temi culturali del paese; la creazione del Museo Etnografico del Ponente Ligure nel castello dei Clavesana e il contributo determinante nel lanciare e diffondere nel mondo il Festival di Musica da Camera. Erano curiosi gli aneddoti che raccoglieva intorno ai più celebri musicisti che calcavano lo scenario della piazza della chiesa dei corallini: i tic di Pollini, le ossessioni tecniche di Arturo Benedetti Michelangeli, la fortunata coincidenza dell’arrivo di Sandor Vegh che si innamorò di Cervo e che, con geniale intuizione, ideò nel lontano 1964 una manifestazione musicale destinata a diventare una tra le più importanti a livello internazionale.

Progettammo anche una mostra di mio suocero, Mario Fabbrini, nelle sale dell’Oratorio di Santa Caterina che, all’epoca, era in via di ristrutturazione. Poi la gestione artistica mutò destinazione e non se ne fece più nulla. Ricordo anche le difficoltà editoriali che dovette affrontare prima di pubblicare “ Questa nostra terra”, un viaggio attentamente documentato nella cultura e nella storia delle realtà del Ponente Ligure.

Un lavoro di grande impegno che lo vide scandagliare tutti i paesi liguri compresi tra il confine francese ed Albenga per scovare e portare alla ribalta preziosità artistiche, percorsi di interesse storico e turistico, curiosità archeologiche, approfondite ricerche d’archivio e bibliografiche.

Con meticolosa partecipazione aveva voluto curare personalmente l’iconografia, e tutte le illustrazioni che impreziosiscono il volume sono il frutto della sua abilità fotografica nell’inquadrare forme e strutture di appassionata suggestione lirica.

Ecco, quando ho appreso la notizia della sua scomparsa avvenuta a Cuneo nell’Ospedale di Santa Croce in una notte di maggio, ho pensato a questi squarci di vita; e non ho potuto fare a meno di ricordare una frase che lo stesso Franco aveva riportato nella prefazione di “Questa nostra terra” citando l’antica saggezza popolare ligure: “ Ci vuol più coraggio a vivere che a morire”.

(Pier Luigi Coda)