“Il poeta amato e apprezzato da Carlo Bo ” |
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Biografia: Giuseppe d’Errico nasce ad Avellino il 14 maggio del 1929, si laurea in giurisprudenza nel 1951, nel 1953 lascia la sua città natale per raggiungere Cortona dove assume la funzione di Procuratore del registro. Approda a Genova nel 1955, trasferitosi a Chiavari, sposa nel 1957 Maria Luisa da cui avrà tre figli: Emilia, Giovanna e Andrea. Alla passione per la poesia si accompagna quella per il suo lavoro e per il diritto. Esperto di Diritto tributario, pubblicista autorevole, pubblica cinque raccolte di poesia: “Il mio nome antico” (1973), “Il cuore degli uomini” (1976), “Lo schema” 81980), “Boè” (1982), “Un amore viola” (1988). Muore a Lavagna il 1° maggio 1989 |
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Commento critico: Quella di Giuseppe d’Errico è una poesia che, nonostante il profondo disincanto che la caratterizza, non si crogiola mai in una voluttuosa autocommiserazione, al contrario, è attraversata da una profonda volontà di lotta e da una forte tensione esistenziale, nonché stilistica, che porta il poeta ad aggrapparsi, nella sua inesausta ricerca, se non di un senso nella vita, almeno di una speranza in essa, a qualsivoglia possibile occasione di salvezza dalla sofferenza del vivere che gli si prospetti dinanzi. Nel suo evolversi l’opera poetica del d’Errico, risentendo in questo della lezione dell’ermetismo di Quasimodo, sa coniugare e dosare – con la necessaria cautela e misura – un sofisticato simbolismo fatto di repentini momenti epifanici, il gusto per atmosfere e suggestioni paesaggistiche entro cui però il dato naturalistico appare sempre in precario equilibrio sul sottile crinale che lo separa dalla dimensione onirica. Il mondo della poesia del d’Errico è quello degli affetti, della nostalgia per la terra d’origine, dell’amore disperato per la vita, della natura primigenia colta nei suoi aspetti più autentici e veri, capace, essa sì, nella sua essenzialità e purezza, di essergli compagna leale e fedele a cui abbandonarsi e chiedergli conforto. Se i versi del d’Errico sono attraversati e sgorgano dalle profondità del quotidiano soffrire dell’uomo, è altrettanto vero che tale dolore viene spesso mitigato dal poeta da un afflato lirico che porta con sé accenti di autentica religiosità, se non di vera e propria pietas. (Commento a cura di Andrea d’Errico). Nella prefazione del volume “Un amore viola” Carlo Bo annota: “ d’Errico conosce molto bene il valore della sua corsa interiore eppur dimostra di possedere in pieno il senso delle responsabilità e delle possibilità. Così dal suo canto continuo che molte volte appare già sotto la superficie delle apparenze, estrae l’essenziale, trae ciò che gli è necessario” (P.L.C.) |
LA SILLOGE PREGANZIOL |