“Grovigli e riflessi nelle penombre metropolitane ”


Biografia:

Gabriella Garofalo, nata a Foggia nel 1956, vive a Milano.
Presente in numerose riviste ed antologie, ha pubblicato tre raccolte di versi: ”Lo sguardo di Orfeo”,Cesati editore, Firenze 1989, ”L’inverno di vetro”, Edizioni dell’Arco,Milano 1995, ”Di altre stelle polari”, Stampa spa, Brunello (Va) 2003.


Commento critico:

Quando ho letto le liriche di Gabriella Garofalo non ho potuto fare a meno di pensare ai “Pali blu” di Jackson Pollock, a quell’universo di trame, di immagini, di camminamenti e ritorni che s’intricano nelle fatiche del vivere.
Il suo versificare richiama quei gatti che amano giocare e rimpallare un gomitolo di lana fino a restare inesorabilmente imprigionati in una selva di fili, di tracce, di grovigli dai quali più si sforzano di liberarsi e più, di contro, finiscono col restarvi impigliati.
Maurizio Cucchi rileva che quella della Garofalo “è in ogni caso una poesia solitaria e autentica, impossibile da collocare all’interno di scuole, tendenze o generazioni, giocata con vigore drammatico tra il fuoco di un forte disagio interno e il chiudersi in momenti di immobilità glaciale”.
Gabriella scrive poesie all’interno di un perimetro senza ossigeno, rinchiusa tra luci ambigue e penombre senza consolazione. Il suo pensiero oscilla sempre sul crinale di sabbie mobili e intrecci di suoni e parole che non lasciano spazio, s’ingolfano e, nello stesso tempo, s’involano verso una desolata visione cosmica dell’essere.
Con impassibile distacco si aggira tra profili urbani e cieli lontanissimi rischiarati da “gelide lune azzurre” come se il suo andare fosse faccenda altrui, osservazione estranea di se stessa o, semplicemente, l’impossibilità di rivelarsi nell’inaridimento delle emozioni.


(Commento di Pier Luigi Coda)

 

LA SILLOGE

Sono soltanto grembi
grembi di sospette attenzioni, avverso seme
non possono comprendere
incoerenza di notte che sua stessa luce
teme
e l’ombra sua stessa se ti mostra
quali parole raccontare.
Sia accurata la scelta -
pure, ha toni un po’ stridenti l’ombra
quando sibila.

*****

Là dove accoglie l’ospitale sonno
seme di sogni devianti, animali -
l’anima soltanto può vederli -
non le crede la città che vive
di cieli aggrovigliati, tersi
luminosa d’ira incontrollata -
la Luna prende tempo, sospetta,
frutti rosso-intenso si nascondono
da seme di esilio generati.

*****

Le tue strade
prive di anima di vento
abitano, città, cuori ammuffiti
slarghi, cortili erosi
da scelte disattente -
l’anima ha scelto il cielo
anche se trova assurdo
il suo distacco,
blu spassionato,
luna continua a veglia -
ne ha viste di peggio
di un po’ di cielo monocromo,
d’insistere monocromo
a tumulto.

*****

Il tuo corpo è una candela nervosa
rapido mi genera parola
e l’anima può finalmente smettere
mordere neve unico cibo per sfamarsi -
ma i frutti di bosco
importuni di un rosso troppo scuro
ora serbano con cura i succhi
per altra fame -
per labbra che non sai riconoscere.

****

Fermarti, forse -
non è nuda fecondità di anima
non è verde fuoco di erba
non è luna lama della notte -
inverno sembri scomparso, colpire
non sarà tuo il ritorno di un eroe -
tu non badare alla sua fine
se ti respira dentro e corre
passione primaria che regola esistenza.

*****

La luce di una faticosa conquista
tieni da conto, non la viri
tramonto esistenza -
non puoi esprimere tua vera parola,
anima, perché non parli con luna
quando dissemina cielo
quasar comete
convinto di esaltare vita
giusto, forse, ma altro cielo
in altri frammenti ti dissemina -
magari obliqua luce.

*****

Rabbrividita da inverni
e gelide lune azzurre
evochi febbre che stenta venire
mai rossa come desideri:
forse troppo semplice contrasto di colori
ambiguo e definito in brevi esplosioni -
non saziano non ti sazia una stagione
di cani che odorano aroma di erba -
fiori un po' sedentari.

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