LA SILLOGE
Infinita notte
Nell’annuario dei sogni corrotti
hai inserito il mio nome,
fra riserve lontane
e brame di divenire.
Nella parentesi delle idee contuse
non stringermi la mano,
non glorificarmi
dalla postura imperfetta dei silenzi.
Stemmo assieme come bambini
credendo che il blu,
che giocò a ingoiarci,
fosse mare e non l’infinita notte
che ci prese.
Frecce di fuoco
Ho steccato
le mie frecce di fuoco,
acceso parole rubino,
bonificato pensieri malsani.
Fiore carnivoro d’umanità,
soluzioni grattate all’età
… gestazioni infinite.
Il volto sprovveduto del danno
serve l’anfora del risvolto
che giace intatta,
coppa colma,
perfetta e lucente meraviglia.
Al pensile astratto
del ricordo,
s’affaccia paonazzo
un vanto,
un rimpianto
e palpita
l’embrione dell’accordo,
fra i rintocchi multipli del riso e del pianto.
Nudo del cuore
Non do tempo
all’insulto dei mari,
soli opachi
a metà menzogneri.
Non ho età
per scalfire le ali
giudicando i venti
per voli contrari.
Calibrare i rintocchi del tempo
nell’inganno versare l’età.
Vanto i sapori del mondo,
calzo nebbie lunari,
ho venti stretti alle mani
e domino
terre di sotto,
con ali reali.
Ho visioni
guardando i fondali
ove agiscono forze inumane,
i ciechi sanno indicare
le zolle contuse del mondo.
Non do tempo
al giorno che offrite.
Ardo lumi
sul nudo del cuore.
Figlia
Lungamente attesi
nell’istantanea d’un particolare,
che pietra aspra
ha più brio del mio fare.
Memorie sfrattate,
soppresse dalla vanità d’esistere
ottundono il gusto,
inficiano il tatto.
Schegge di morto
dalla feritoia dello stacco.
Anima spezzata,
attesa senza ritorno.
Sono due in una.
Sono mille in una.
Sono i volti della luna,
ma non effondo amorevoli luci ispirate
né regno fiera del mio pallore.
Lei sorride eternamente,
io annichilisco!,
ardo nel tuono... nel lampo,
sferzata dal grande urlo,
tormenta autunnale
dal giallo lamento.
Foglia strappata,
figlia mancata,
sangue stracciato.
La colpa dimora
nel voto reciso del ramo.
Il tuo nome
Sono lampi negli occhi,
calci degli angeli,
lo sfrigolio dei pensieri
dentro queste lettere strampalate,
con la schiena rotta
e un sostegno che non è giunto all’indice.
Sono corteccia ruvida,
la somma illesa
delle morti del poeta,
la stima del riso e del pianto
da una prospettiva d’ombra e d’amianto
ove il mondo in fuga,
non ha molto senso.
Sono il commiato da te,
non dalle tue parole,
fissate al bavero dell’eterno
come sta, alla tomba, il tuo nome.
Preghiera
Il giorno è morto
con il sole buio dei tuoi occhi,
ingoiati dalla melma delle mie mani.
Il ricordo è divenuto cenere e le lucciole dei sogni mi scansano,
danzando sulla linea d’orizzonte.
Io sono ferma,
come di gelo,
le lacrime sciolgono l’abbraccio,
il sole spento è un chiodo rugginoso,
se lasci questa mano senza perdono.
Il giorno si è smorzato,
il palpito ammutolisce,
le piume del silenzio riempiono lo spazio.
Le ombre,
si allungano sul mio petto e zitta
è la strada nel mio orecchio,
pari alla tua bocca taciturna
…
silenziosa come preghiera su una tomba.
Piccolo mondo
Stasera, l’ombra è leggera.
Una nuvola spenta
galoppa la parete
e l’imbrunire non è scontato
nelle sue stelle in colonna,
ma la somma dei volti oltre la tenda.
Il destino dei ricordi incisi
nel buio di un profumo
e com’è piccolo il tuo mondo
negli occhi liquefatti del riflesso.
Parole spese dall’emozione
traducono il tempo in attimi passati.
Le pagine di ieri
hanno un alibi talmente estraneo
che cerco la traduzione,
i sottotitoli di un forte acquazzone.
Stasera, l’ombra è un lume
Ne ho visti molti vacillare,
erano lampi e gradini sospesi nel blu,
oltre i come e i perché,
superiori a me e te.
I fiori vagiscono
e le acque sbocciano
ove l’inferno asciuga.
La casa degli angeli
Come le stelle,
sempre e per sempre,
lontano da questo mondo in panne.
Come il respiro del sonno che russa sfinito,
scendeva vermiglia la vita,
imbottigliata dai tubi delle tue sepolture.
Erano colmi di verde i tuoi occhi infiniti di padre,
due scaglie di sole,
nel crepuscolo ornato della campagna.
Come posso non chiamarti “Padre!”
Inseguivo le tue orme nervose,
pungolate dal suolo asettico dell’ospedale,
scrutavo, del sangue, la quantità e il colore che non tradisse.
Ho amato ogni giorno autunnale,
le abitudini smesse,
il corpo smagrito,
la vitalità dei miei sorrisi era appesa al tuo volo sbiadito.
Con le stelle è il trionfo della notte su tutte le certezze,
preghiere sussurrate innanzi al lume smorzato dei respiri,
nelle immagini del martirio colgo i tratti ultimi del tuo volto.
Il soffio sordo e rauco si è piegato alla pace.
Ti tenevo la mano,
ma tu eri la folata sulla soglia di casa
...
la casa degli angeli. |