L’esondazione dell’Io dagli argini della storia

Biografia:

Tiziana Monari è nata a Monghidoro, in provincia di Bologna. Vive e lavora a Prato con il marito e il suo cane Bullone.
È presente con racconti e poesie in svariate antologie della casa editrice Aletti e Perrone.Si e' classificata ai primi posti in numerosi concorsi letterari vincendo nel 2009 il Trofeo Mons Aureus di Montelepre, il premio Vigonza per la poesia dialettale, il premio Stella e Antonio Norbiato, il Viareggio carnevale, il premio poesie del terzo millennio della Capit a Roma, Il Silchelgaita, Arteinstrada, Deandreade, Castelli magico mondo di pietra, Fratelli della stazione Foggia-Premio internazionale città di Fucecchio-Premio Poetare è d'amore- Giuseppe Altobello-Ha ricevuto il premio della Stampa di Vercelli al concorso Mario Barale,il premio della critica Luciana Baroni al concorso di poesia Capannori-Lucca-Il premio della giuria al concorso Natta di Vallecrosia- Quest’anno è la vincitrice del premio Semaforo Rosso di Firenze, del premio Giovanna de Martini di Genova-del premio Airasca di Torino- del premio Ama Rossella-Roma-Raccontarviaggiando-Poesie senza confine-Del Mons Aureus, del premio Poetica dei Muri-Fondazione Mare Nostrum, Frà Damiano da Bozzano,Targa Apice.
Nel 2006 ha pubblicato l’Opera di poesia “Frammenti d’anima.” Con la raccolta “Il cielo capovolto” ha vinto il Premio Letterario-Editoriale “L’Autore".
È  del 2009  la pubblicazione "Il lamento di Antigone".
Nel 2010 ha pubblicato “La luna di Dachau” risultato del premio letterario Patrizia Brunetti- Senigallia-E' presente nel museo della poesia dei poeti contemporanei di Garassio, e nell'antologia “Aletti" dei poeti italiani.

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Commento critico:

Strano e curioso, ma la poesia di Tiziana Monari mi ha riportato a costeggiare i profili rocciosi della Bretagna, mi ha sospinto sopra gli innumerevoli “Point de vue”, i visionari punti panoramici che scoscendono a picco e dilatano sulle asperità di oceani azzurri e infiniti. E qui, tra queste insenature dove l’impeto dell’onda s’infrange contro i baluardi dei fari, sulle distese rosseggianti di eriche, sulle rotte di vele spiegate, avventure, battaglie e leggende, è facile incontrare se stessi e misurarsi con la propria storia, il proprio piccolo mondo di memorie, sogni distesi sull’erba, incontri che non sono mai stati.
            I “Point de vue” di Tiziana Monari sono la vita che scorre sulla storia; è il sangue che impregna le strade di Badgdad,  è “solo il frugare inquieto e confuso/di donne lacere tra le macerie della vita”, è il profumo del gelsomino, il canto dimenticato dell’usignolo (cfr. La polvere di Bagdad). Ma sulle pagine impregnate di sangue e miseria che l’alba del nostro secolo si ostina a raccontare con una violenza che non sembra assopirsi, tra le “imposte azzurre” dell’anima tracimano folate di vita e ricordi antichi dal colore di seppia:”ombre senza più colori/senza più contorni”, ma pur sempre ombre che hanno segnato e scritto e tuttora affiorano nelle “brezze d’estate” suonando “campanelli d’argento”.
            In questa sovrapposizione la poetica della Monari si compatta di materia sigillando impatto lirico e pensiero, struttura e linearità di un versificare prosometrico controllato e maturo, senza eccessi, con una impalcatura sostanziale. L’”Io” è sempre lì, sul chi vive, pronto a esondare dagli argini della storia per defluire nell’alveo di immagini e sonorità scandite  nei colori del tempo, di profumi raccolti nel vento come i segni accorati del vissuto.

(Commento di Pier Luigi Coda)

Il linguaggio immaginoso ed enigmaticamente suggestivo di Tiziana Monari impiglia l’animo in un frugare inquieto e confuso dal quale scaturisce una melanconia ontologica che si frantuma in polvere, sangue e ferite pulsanti alle tempie di colui che esperisce le macerie della vita.
Si concentrano nei versi di Tiziana colori e toni che forgiano simboli e figure  di un periodare calcatamene icastico in un ritmo sostenuto da allusioni frementi ed esclamazioni contraddittoriamente soffocate da se stesse: ancora inverno e sempre inverno nella pallida stagione del silenzio.
Poesia ebbra di quel senso di morte che vi aleggia sopra senza intento alcuno di esorcizzarla, piuttosto giungere a baciarle la bocca per essere ancora e sempre in grado di raccogliere l’anima in un linguaggio che si fa approdo di significati forti all’interno stesso di un impianto che può anche non prevederne: come la vita.
(Commento di Cristina Raddavero)

LA SILLOGE

LA POLVERE DI BAGDAD
E' solo polvere di Bagdad
profumata di sangue e gelsomini
che s'innalza sotto un quarto di luna rossa
incrinata all'asse del tempo
chiara come una farfalla in un pulviscolo di sole
è solo il frugare inquieto e confuso
di donne lacere tra le macerie della vita
le macchie vermiglie della morte
le vene dei sogni calpestati
l'agro dei limoni dolci e spaccati sulla via di casa.
E’ solo il suono del sitar intinto d’incenso in una città d’ombre
i corpi martoriati dei soldati tra ciuffi d’erba
la terra madre occupata da invasori fantasmi
tremuli stracci ondeggianti al vento
è solo la guerra mio capitano
che ci fa dimenticare il canto degli usignoli
che ci fa concimare i campi di lacrime e dolore
un odio chiamato follia
posato come un papavero rosso su lapidi che non hanno nome
solo cuori di bambini rovesciati
e una croce bianca in mezzo al blu.

KATRYN
L'ho vista la morte col mantello e cappuccio
aggirarsi furtiva tra polveri e sassi
le unghie smaltate di rosso
il vestito di una vecchia stracciona
l'ho vista fluttuare leggera come un fuoco fatuo d'estate
foriera di pioggia sottile tra morti e dormienti
levitando su ferite da Ciclope
su fiumi di sangue vermiglio
volevo baciarle la bocca in quel lembo di notte
nuotare nel suo ventre di spighe
nella sua anima di grano maturo
mi ha salvato una luce lontana
mani nere, mani bianche, che smuovevano sassi
delle Nike che camminavano lente
poi solo un soffio di vento
una goccia di pioggia sul viso
confusa alle lacrime che scendevano lievi.
Fuori la quiete dell'alba da cui sfinita mi sono lasciata cullare.

GLI AMORI DI IERI
Vivono
in una minuscola casa sul cuore dalle imposte azzurre
gli amori di ieri
nascosti sotto un tavolino boudoir dietro al sofà
incolumi dai sogni
dalle brezze estive della vita
si affacciano in punta di piedi alla memoria suonando campanelli d’argento
i capelli scompigliati
i semi del tesoro nelle tasche
nel buio che soppianta la luce
oppressi da nuvole basse
da un lucore lieve di rugiada.
Baluginano stanchi fotografati in seppia
in notti di terribile bellezza
avvolti in una nebbia di pace illusoria
fissati nell'attimo
nel loro calpestio di foglie color porpora
li conto in una notte di tempesta flagellati sulle colline
nel loro profumo di fumo e di mare
avvolti da un mantello blu
piccoli fuscelli bruni e lucidi che un giorno ho amato
ombre senza più colori
senza più contorni
i miei stanchi amori di ieri
ormai pioggia.

DEL GOLGOTA
Nell'alternarsi ligneo del Golgota
il cuore spezzato nelle ombre
sorridevi
le rosse ferite spogliate dalla pioggia
benedicendo i giorni a voce pigra
sorvolando al passo nuvole leggere
inchiodato al crinale di un aurora
perdonavi
la sera che rendeva vani i colori del tramonto
appoggiato lento all'imbrunire
all'orrore delle spine
a un buio lucido di sassi e sponde.
Già fioriva la mimosa
un'ala lieve di farfalla
si torceva in un esordio d'alba
in un tempo che si dilatava all'improvviso
complice radioso di una croce
ammiccavi al tocco del dolore
quasi fosse un amore d'annoiato vento
una colomba tratteneva nel becco un filo d'oro
e tu esalavi l'ultimo respiro
in un crepuscolo di neve
ancora inverno e sempre inverno
nella pallida stagione del silenzio.

 

 

 

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