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( Incroci d'immagini e parole nei colori del tempo)

Biografia:

Alessandro Monticelli  (1973) Nato a Sulmona (AQ) ha pubblicato raccolte poetiche
Per i tipi della Mauro Baroni Editore (Viareggio)2004 “Medicine Scadute”
Edizioni Progetto Cultura(Roma)2004 “Made in Italy”
Il Foglio Editore(Piombino)2006-2° edizione 2007 ”Favole da un Manicomio”
Suoi testi sono pubblicati su diverse riviste letterarie(Ellin Selae,Prospektiva,Il Segnale,Tratti,ecc.).
Dal 1999 inizia la sua poliedrica attività artistica esponendo nelle maggiori città italiane in gallerie e musei.

 

Commento critico:

L’incrocio tra le parole e il colore mi ha sempre inquietato. Qual è il filamento che sottende l’artista? La forza espressiva del verso o la campitura materica sulla tela? La storia dell’arte è intrisa di sorprendenti interpretazioni dove alla fuggevolezza della visione subentra l’immagine e all’immagine la parola, la ritmica che, di nuovo, si fa luce e materia schiacciata sulla tela, sul gesso, nel bronzo o nell’incavo del marmo.
Se penso a Van Gogh, a Gauguin, a Montale, a Soffici, a Savino (solo per estrapolare alcuni esempi biografici) mi chiedo se il profilo letterario sia genesi o sviluppo, ricerca o conseguenza. Le pagine del diario di Van Gogh, le memorie di Gauguin, le poesie di Soffici, fremono come fremono le loro tele, sono di purissima filigrana letteraria; emergono dalla stessa luce , dagli stessi colori impastati sulle loro tavolozze in un processo creativo non svelato ma urgente e definito.
Ecco, quando ho letto le poesie di Alessandro Monticelli, ho subito pensato ad una collocazione tematica di questo tipo, ho letto le sue poesie senza ancora sapere che era anche pittore, tuttavia la scansione del verso, la rapidità con cui riesce a catturare l’immagine, gli odori che percepisce, la corposa materialità dell’incalzare metrico, conducevano inequivocabilmente ad una tensione plastica, al rimando della memoria quando trova espressione e vita sulla tela.
Le sue parole, le sue immagini graffiano la carta come pennellate di impasti acrilici, sono dense, acri, talvolta si aprono in campiture dagli spazi larghi, possiedono abbondanza e compostezza, misurano le cadenze del vivere, gli incontri, il trovarsi senza collocazione precisa nel turbinìo della propria esistenza. Non a caso, una delle poesie più belle della silloge che presentiamo su dictamundi è dedicata a Mark Rohtko, ad un’arte d’immensità dai colori per lo più caldi ( i rossi, i gialli, i marroni) ma dove si insinuano penombre e lacerazioni da cui filtrano angosce e scrutamenti impietosi
A volte  sulla carta vengono incisi squarci di ungarettiana memoria (o tagli di Lucio Fontana?), più spesso la lirica sgorga dal curiosare i graffiti del tempo, le aree metropolitane, gli odori delle latrine e dell’underground frugando nei percorsi del vissuto, nell’attesa di incontri fugaci che avvolgono, come carta velina, i segni della memoria.
Per una completa osservazione dell’arte pittorica di Monticelli si rimanda ad una visita sul suo sito personale
WWW.ALESSANDROMONTICELLI.IT


(Pier Luigi Coda)

 

LA SILLOGE

Stazione (interno bagni)

Lo colse l’odore acre di sperma e intenso di urina
dei bagni della stazione.
Sui muri numeri telefonici che promettono
Di esaudire ogni più intima e perversa richiesta.
Persone che si offrono come bestie da immolare
Sull’altare del sesso a pagamento.
Nella memoria ritornano i volti delle donne con cui è stato
Volti trasfigurati, pietrificati, sanguinanti.
E i loro nomi che come insegne al neon di motel malandati
Lampeggiano tristemente o s’illuminano a metà.
Si sedette ad aspettarla, lei come sempre puntualissima
Nei suoi ritardi.
La sera togliendole delicatamente le mutandine si sincerò
Del fatto che i suoi capelli biondi fossero naturali.
Intanto un nuovo giorno iniziava
Impossibile fermarlo.

Ti sei allontananta

Ti sei allontanata con dovizia di particolari
E il passato puntuale e noioso
Ora mi incalza in forma di ricordo, rimpianto
di rimorso.
Ma la mia vera malinconia e’ quella del futuro.
Il suono di quella nota tenuta a lungo sulle labbra
E che poco prima dell’applauso si spezza.

Estate

Si sciolgono le intenzioni
 Come il ghiaccio nei bicchieri.

Sul sagrato delle promesse mai mantenute

Sul sagrato delle promesse mai mantenute
Le parole sono  a terra come chiodi arrugginiti
E ad usarle sanguina la bocca.
L’unica cosa che il dolore un po’ lenisce
E che quello che non sai non ti ferisce.

Come splendore inutile di valuta fuori corso
Anche oggi la croce proietta la sua ombra
Sulla bellezza che passa di letto in letto
Ansante di carnalità tellurica
E franante nel giardino dei supplizi d’amore.

Dietro le spalle il giorno appassisce
Come latrato di cane che in lontananza
S’indebolisce.

Leggo di Rothko che nel 1970 a 67 anni
Si suicida nel suo studio tra un blu e grigio
Un arancio e viola, rosso marrone  e nero.

 E forse anche oggi soprappensiero
A chi ho parlato ho detto verità più del previsto.

Forse una festa

Quel bambino rigava tutta l’acqua con le dita
Una ferita al rallentatore.
Seduto, leggevo “Poesia” per sapere cosa scrivono
Oggi i poeti in Libia o in Costa Rica.
Poi i bicchieri da cocktail infranti
Bellissimi capelli biondi
E le tue parole
La suoneria di un telefono in una casa vuota.
Io così sentimentale da risultare cattivo
Mi mettevo a letto e giravo le spalle a tutto.