Commento critico:
L’incrocio tra le parole e il colore mi ha sempre inquietato. Qual è il filamento che sottende l’artista? La forza espressiva del verso o la campitura materica sulla tela? La storia dell’arte è intrisa di sorprendenti interpretazioni dove alla fuggevolezza della visione subentra l’immagine e all’immagine la parola, la ritmica che, di nuovo, si fa luce e materia schiacciata sulla tela, sul gesso, nel bronzo o nell’incavo del marmo.
Se penso a Van Gogh, a Gauguin, a Montale, a Soffici, a Savino (solo per estrapolare alcuni esempi biografici) mi chiedo se il profilo letterario sia genesi o sviluppo, ricerca o conseguenza. Le pagine del diario di Van Gogh, le memorie di Gauguin, le poesie di Soffici, fremono come fremono le loro tele, sono di purissima filigrana letteraria; emergono dalla stessa luce , dagli stessi colori impastati sulle loro tavolozze in un processo creativo non svelato ma urgente e definito.
Ecco, quando ho letto le poesie di Alessandro Monticelli, ho subito pensato ad una collocazione tematica di questo tipo, ho letto le sue poesie senza ancora sapere che era anche pittore, tuttavia la scansione del verso, la rapidità con cui riesce a catturare l’immagine, gli odori che percepisce, la corposa materialità dell’incalzare metrico, conducevano inequivocabilmente ad una tensione plastica, al rimando della memoria quando trova espressione e vita sulla tela.
Le sue parole, le sue immagini graffiano la carta come pennellate di impasti acrilici, sono dense, acri, talvolta si aprono in campiture dagli spazi larghi, possiedono abbondanza e compostezza, misurano le cadenze del vivere, gli incontri, il trovarsi senza collocazione precisa nel turbinìo della propria esistenza. Non a caso, una delle poesie più belle della silloge che presentiamo su dictamundi è dedicata a Mark Rohtko, ad un’arte d’immensità dai colori per lo più caldi ( i rossi, i gialli, i marroni) ma dove si insinuano penombre e lacerazioni da cui filtrano angosce e scrutamenti impietosi
A volte sulla carta vengono incisi squarci di ungarettiana memoria (o tagli di Lucio Fontana?), più spesso la lirica sgorga dal curiosare i graffiti del tempo, le aree metropolitane, gli odori delle latrine e dell’underground frugando nei percorsi del vissuto, nell’attesa di incontri fugaci che avvolgono, come carta velina, i segni della memoria.
Per una completa osservazione dell’arte pittorica di Monticelli si rimanda ad una visita sul suo sito personale WWW.ALESSANDROMONTICELLI.IT
(Pier Luigi Coda)