La forza creatrice della parola

Premio Nazionale di Arti Letterarie 2014 - Torino

Giovedì 25 settembre 2014 alle ore 21 presso la sede del Centro Culturale "Arte Città Amica", via Rubiana 15 Torino, la giuria del "Premio Nazionale Arti Letterarie" ha tributato il terzo premio, per la Sezione Volume di Poesia, a Flavio Vacchetta (ed. Puntoacapo) per La Scala Luminosa.
Questa la motivazione:
"Il libro La Scala Luminosa sviluppa la duplice metafora di rappresentazione allegorica del vocabolo "Poesia" e di simbolo della perfezione metafisica della vita. L'intonazione e quella dell'amarcord, cioè del ricordo per immagini e per peventi reali del percorso di vita compiuto dal Poeta e dal di lui fratello Guido fino al conclusivo approdo a una morte prematura. Ma i due protagonisti si scambiano di ruolo, e si specchiano l'uno nell'altro, in un gioco di ombre e di luci che mette a fuoco la dolcezza degli affetti familiari, nella cornice di una vita ordinaria eppure ricchissima di interrogativi irrisolti, ma anche di occasioni reali di bellezza e di amore, fino a divenire esempio esemplarmente luminoso di civiltà e di decoro".

La katà-grafè di Flavio Vacchetta:  forza creatrice della parola e potenza del segno nell'indagine umana.

Gli inediti proposti fanno parte di una raccolta più ampia dal titolo Saggi in tomba; le liriche sono state selezionate in virtù dell'incisività che sanno trasmettere nell'esplorazione dei grandi temi da sempre trattati dal poeta in un percorso espositivo ricco di suggestioni. Il nervo nitido del tratto poetico riesce a imporsi in un accenno quasi tridimensionale a ricordarci ancora una volta quanto la compiutezza del verso transiti in quella dell'uomo in carne ed ossa. Al di fuori di questa chiave di lettura si smarrirebbero il senso della produzione del Vacchetta al pari delle intenzioni e della comprensione stessa della sua arte poetica.


Flavio Vacchetta e Cristina Raddavero alla Bennale di Poesia di Alessandria - 2014

A quasi tre anni da La scala luminosa Flavio Vacchetta ritorna su Dictamundi con alcuni inediti che sprigionano una versificazione per molteplici aspetti rinnovata pur non abdicando al tratto originario che qualifica Flavio poeta della Vita.
Così, rinserrando i contenuti in un titolo innegabilmente icastico, l’autore rilascia liriche impregnate di un quotidiano che si eleva sempre ad un gradino più alto, terso e sereno pur in dolorosi tratteggi che sanciscono la finitudine dell’uomo e la scommessa della fede in un respiro lungo e palpitante.
D’altro canto se la scala era luminosa, qui i saggi sono in tomba. Quasi un prosieguo e un “regolamento di conti” lasciati volutamente in sospeso perché l’uomo costantemente muta, perché sullo sfondo di se stessi si intravede un tempo poliedrico, perché la filosofia di Flavio non è il sogno di mondi alternativi o impossibili, ma, di alternative e nuove soluzioni a un mondo che già c’è e dentro il quale maledettamente “bello” è vivere testimoniandone la gioia non meno dell’incontro con la “partenza” che resta consapevolmente presente, soffuso in un impasto quasi narrativo pur all’interno dell’incedere lirico.

I pensieri di Flavio sono incandescenti fiammelle imperiture, schizzi di luce vivida nell’andamento ritmico sospeso, ma non vacillante, infranto, ma non spezzato.
Tale impianto poetico si fa garanzia di quell’universalità che trascende il particolare proprio nel dettaglio: sia esso un oggetto, una caratteristica fisica, un’impressione, una sfumatura affettuosamente ironica, un ultimatum che viaggia dentro il giorno perfettamente irrealizzabile d’azzurro.
Flavio raggiunge vertici lirici con una singolare operazione di “scrittura in basso”. La sua kata-grafè si imprime sulla pagina come l’acre odore di capre che si riscatta in profumo di giada trasparente. Il suo verseggio ha proprietà lenitive se mai si possano lenire gli avanzi del giorno gettati nel sonno. L’atto poetico di Flavio sancisce la grandezza dell’uomo nella sua debolezza, nel suo essere ontologicamente finito. Eppure il nocciolo abita lì, nell’immagine sublime dei piedi nel cielo. Torna, ripetuto, questo katà, questo essere “sotto” per essere “sopra” e nel rimando ciclico di queste due dimensioni sono custoditi il senso e il peso della poetica dell’autore che quasi con irriverenza interroga la poesia stessa cantando nel fango.
L’atto consapevole si compie nella raccolta di questi inediti ariosi per nulla soffocati dalle note dolenti che accompagnano lungo il cammino e il ritmo si fa melodia snocciolata nella ridondanza cadenzata che ha i connotati di un teorema dimostrato vivendo: amore/te/parola/tu/fiato/tuo/amore/al thè/vita/me.
Il risultato artistico si compendia nel modo tipico di Flavio di andare incontro ai giorni e al tempo senza patetismi, piuttosto con quel gaudio che si alimenta nella ricerca continua di se stesso, con la letizia propria della vocazione di poeta che non si piega alle tante sconfitte del vivere ma tiene a mente, mandandolo a memoria, il valore intrinseco dei desideri che tali restano, desideri appunto, non compromettendosi nella carne e nella miseria della caducità: passaporti per un eterno sperimentato nell’esistenza terrena: ebbene le vergini/hanno il potere/di riportare i tumulti/in promesse.
I versi, allora sono frutto di scelte stilistiche mai casuali e il titolo stesso avverte il lettore di trovarsi innanzi ad un’antitesi fortemente bramata dal poeta, intuizione profonda, chiave interpretativa cristallina, movimento fotografato nell’istante di una voce che rinfresca l’anima in un sussurro scomodo ma ineluttabilmente imperativo: ascolto attentamente/al marmo freddo/di una tomba.

LE LIRICHE INEDITE

25 NOVEMBRE 2013
HOSPICE DI BUSCA

un insieme di voci
che continuano a festa
ma a lei, incavolata
poco importa che
siamo, lo siamo soli
anche a braccetto
sotto gli umidi portici
a due passi da casa nostra

la libertà della poesia,
aldilà dei tradimenti,
è libertà
o magia?

Non distruggerti, inquieta
da nome appropriato
coli segnali da cucina medioevale
presso un mondo che scalfisce
l'odio ma
 non a sufficenza
incredibile sconforto

 

SENZA NOME
25 luglio 09

Adesso so che non ci dicono la verità
che c'inganna il giorno
                            perfettamente
irrealizzabile d'azzurro
che a dominarci forse è
                            un certo
mare           diverso

 

I SAGGI IN TOMBA

un acre odore di capre
s'addensa ed oscilla
in solido tra il giorno
ed il suo inerme viaggiatore

vale profumo
di giada trasparente
loro, i saggi
non possono fare altro
che tormentarsi
sorseggiando, al crepuscolo
un infuso tra spine di rovo
e cinguettio di randoline

ascolto attentamente
al marmo freddo
di una tomba

Getti nel sonno
gli avanzi del giorno
a caccia d'affanni
che passano
e sfasciano
sono contento
se mi porti
nubi aperte
se al suo interno
le stanze polverose
tu non vedi

 

ALBA SALENDO

L'alba sta salendo
tesa come imprigionata

se la fortuna
ha indebolito lo sterno

il sangue ha
indebolito i fianchi

il mondo si piega
sin a toccare
una donna bilingue

lo spogliarello per il lettone
la bocca per il siciliano

ora hanno il corpo
tra loro dita
inizia  l'inseminazione
del ventre

cedendo a due mari
per un attimo e......vai

sarà una nidiata di sangue
increspature dorate

ebbene le vergini
hanno il potere
di riportare i tumulti
in promesse

come le linee di seta-rosa
congiunte

 

 

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