Carla Dolazza: "La Scatola di Eliana" - Solfanelli Editore - Chieti
Certe frasi sono come certi attimi; girano per la mente. Forse più che nella mente nel cuore. Te le ritrovi lì quando meno te lo saresti aspettato, riemergono all’improvviso dal silenzio delle prime luci dell’alba o la sera quando stai per addormentarti, oppure mentre sei al Palazzetto dello Sport e la tua squadra di pallavolo sta perdendo il tie break. Esplodono con fragore, come il verso di una poesia, una frase di Shakespeare o di Musil, oppure ancora come l’Elegia per Margaret di Stephen Spender, di una bellezza agghiacciante: Here in this room you are outside this room/ Here in this body your eyes drift away… qui in questa stanza tu sei fuori da questa stanza/ qui, in questo corpo i tuoi occhi viaggiano via alla deriva…
Stamane, tuttavia, non era Spender e neppure Dylan Thomas o Puškin a venirmi incontro ma una lapidaria frase di Carla Dolazza: “Fuori dal parco la mia vita era solo una inevitabile spennellata di realtà”.
Ecco, io credo che in queste parole si possa rinchiudere l’alfa e l’omega della sua narrazione, del suo “costruire un racconto” e scriverlo bene. Non è facile scrivere bene e soprattutto non è facile scrivere bene parole e segni che incidano la carta in modo stabile, duraturo, affrancato dalle termiti del tempo. Nella sua prosa s’incontrano struttura, corpo, affabulazione; una compatta misura del pensiero quando si trasforma in prosa e si dipana altrove per posarsi sull’attenzione del lettore e con lui interloquire di mondi altri, di viluppi sottili che avvolgono, di un comune sentire di storie e vicende.
Ho conosciuto Carla Dolazza alla Fiera del Libro di Torino dello scorso maggio durante la presentazione del suo libro “La scatola di Eliana” edito da Solfanelli. Con onestà, devo ammettere che ho incominciato a leggerlo con un pizzico di diffidenza per una mia naturale e preconcetta avversione nei confronti della prosa con risvolti introspettivi. Mi sbagliavo della grossa; il racconto, già dall’incipit, mi ha subito avvinto per snellezza di prosa e contenuto. Il ritmo narrativo riporta ad un mix tra On the Road di Kerouac e Le Letters di Dylan Thomas e forse anche a Sillitoe, e ciò non deve stupire conoscendo il curriculum dell’Autrice: laureata in lingue e letterature straniere moderne con specializzazione in letteratura anglo americana. Ma la ricerca analitica del dettaglio descrittivo, quell’affascinante costruzione del pensiero, direi quasi, per pennellate successive come durante la composizione pittorica di un quadro prima di pervenire alla suggestione visiva dell’insieme, offrono momenti di personalità letteraria compiuta e definita.
“La scatola di Eliana” è la vita che esce fuori dalle ombre segrete e che segna i momenti topici dell’essere: esperienze, morte, rapporti, innamoramenti, segni e memorie che ritornano e si inseguono lungo il cammino dell’andare, non importa dove, anche in Australia. Frasi, schegge quasi illuminazioni poetiche: “Mia madre è amore fatto di carne e di sangue, di impulsi vitali, di rabbia, di tenerezza e di lacerante stanco dolore”.
Il tutto ha inizio con un quaderno a righe dalla copertina rossa su cui Eliana annota la storia di Denise; qui si genera una sovrapposizione di intrecci e di vissuto, di altre storie dentro altre storie, di scatole che si aprono dentro altre scatole, in successione fino al seducente racconto “ La Mano nella Tenda Rossa”.
Bello davvero! Da leggere senza esitazioni.
(Commento di Pier Luigi Coda) |